Quale contributo potrà dare il Sinodo sulla famiglia alla situazione degli omosessuali? Intervista a Francis De Bernardo (New Ways Ministry, Stati Uniti)

Intervista di Silvia Lanzi (Progetto Gionata)*
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Francis De Bernardo ha studiato presso l’University of Maryland (Stati Uniti) e ha pubblicato numerosi articoli e recensioni sia di carattere laico che religioso. Ha tenuto anche conferenze presso diverse università e organizzazioni ed è stato relatore, nel 2000, alla conferenza su “religione e omosessualità” al primo World Pride di Roma. Francis DeBernardo è direttore esecutivo di New Ways Ministry, l’organizzazione americana fondata nel 1977 da suor Jeannine Gramick e padre Robert Nugent per l’accoglienza delle persone lesbiche, gay, bisex e transessuali (LGBT) nella chiesa cattolica e nella società. Queste sono le sue risposte alle mie domande.

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New Ways Ministry, da circa 40 anni, si batte per l’inclusione delle persone LGBT nella Chiesa cattolica. Com’è cambiata in questi anni l’azione pastorale e la strategia dell’organizzazione?

Abbiamo sperimentato parecchi cambiamenti. All’inizio, il nostro lavoro educativo è stato molto elementare. Molte gente non avevano avuto nessun contatto con le persone LGBT e con le loro vite. Così abbiamo fatto molta sensibilizzazione e abbiamo dato loro informazioni positive per smontare i loro miti e i loro stereotipi.
Negli anni ’70 e ’80, c’era più di un’apertura da parte dei vescovi nelle discussioni di argomenti LGBT e molti di loro hanno fatto dichiarazioni positive. Infatti la prima pastorale diocesana per gay, lesbiche, bisessuali e transgender venne istituita nel 1976 e rapidamente ne seguirono delle altre.
Ma con il papato di Giovanni Paolo II, le alte gerarchie della Chiesa cambiarono radicalmente e si scelsero per gli Stati Uniti dei vescovi più conservatori. Verso la metà degli anni ’90 il nostro lavoro divenne più difficile perché questi nuovi vescovi scoraggiavano, e in alcuni casi proibivano, ai propri religiosi di coinvolgersi in qualunque attività pastorale LGBT.
Ora, in generale, I cattolici sono più educati e consapevoli rispetto alle persone LGBT, così la necessità di un’educazione “di base” è molto minore. Così ci focalizziamo su questioni teologicamente più complesse come il matrimonio e l’adozione. Abbiamo iniziato anche programmi educativi riguardanti i problemi delle persone transgender, dal momento che si sono trovati in prima linea nelle discussioni qui negli USA, e molte persone fanno domande in proposito.
Alcune cose sono rimaste le stesse. Stiamo ancora spingendo affinché le diocesi e le singole parrocchie inizino un’azione pastorale rivolta alle persone LGBT, e forniamo, a chi di queste fosse interessata, formazione e risorse. Con il papato di Francesco, stiamo iniziando a vedere che i ministri della Chiesa storcono meno il naso nel parlare di argomenti riguardanti le persone LGBT. L’esempio di Francesco li ha stimolati.

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I fondatori di New Ways Ministry hanno avuto un bel po’ di problemi cin il Vaticano di Benedetto XVI. Come sono i rapporti ora?

New Ways Ministry per la verità non ha molti rapporti con il Vaticano. Nel 1999 ai nostri co-fondatori, suor Jeannine Gramick e padre Robert Nugent, venne intimato dal Vaticano di lasciare il loro impegno pastorale nei confronti di gay e lesbiche. Padre Nuget obbedì, e da quel momento i nostri rapporti con lui si interruppero. È morto nel gennaio di quest’anno. Suor Jeannine decise di non sottomettersi alle direttive del Vaticano, perché sentiva ingiusti la decisione e il processo che l’aveva preceduta. Così continuò il suo ministero educativo e di appoggio, sebbene abbia lasciato la scuola Sisters of Notre Dame ed entrò nelle Sisters of Loretto, che l’aiutano di più nel suo ministero. Le Sisters of Loretto hanno ricevuto parecchie lagnanze dal Vaticano a causa di suor Jeannine, ma non è successo nulla di concreto e suor Jeannine continua nel suo intento.
A febbraio del prossimo anno sour Jeannine sarà alla testa di un pellegrinaggio di cattolici LGBT e dei loro sostenitori che li porterà a Roma, Assisi e Firenze. Assistemo all’udienza generale del mercoledì e abbiamo intenzione di scrivere al papa per vedere se vorrà incontraci. Con questo papa non si sa mai quel che potrebbe accadere!

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La lontananza da Roma rende un po’ più autonoma la Chiesa americana?

No davvero. Per alcuni versi la situazione qui è peggiore che in Italia perché moltissimi arcivescovi americani sono ultraconservatori e seguono, più dei vescovi di altri Paesi, le direttive – dire gli ordini – del Vaticano alla lettera. Parecchi vescovi qui hanno espresso il proprio disappunto con quanto detto da papa Francesco nei confronti degli omosessuali, e hanno cercato di reinterpretarlo in modo molto più conservatore.

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Quale contributo darà questo sinodo straordinario per la famiglia alla situazione degli omosessuali?

Credo che questo sinodo sia una grande opportunità data ai vescovi per discutere delle persone LGBT, delle relazioni e delle famiglie. È la prima volta che i vescovi parleranno del tema del matrimonio e della famiglia da quando il problema dei matrimoni gay è diventato una realtà. Molti vescovi di tutto il mondo hanno affermato pubblicamente che parecchi cattolici non accettano la condanna dell’amore e delle relazioni gay e lesbiche. Se questi vescovi sono onesti, penso che capiranno che questa condanna dell’insegnamento della Chiesa non è perché la gente non la capisce, ma perché i cattolici, in buona fede, hanno pregato e riflettuto sull’esperienza di conoscenti e amici omosessuali, single e in coppia, e si sono resi conto che c’è qualcosa di sacro nelle loro vite e nel loro impegno reciproco.
È anche il primo sinodo del papato di Francesco. Penso che i vescovi sappiano che la gente di tutto il mondo ha risposto positivamente alla nuova, calda accoglienza del papa nei confronti delle persone LGBT. Credo anche che capiranno che decisioni negative del sinodo nei confronti delle coppie omosessuali alienerà loro un gran numero di cattolici.

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* Un grazie ad Andrea Rubera per l’aiuto prestato per la realizzazione dell’intervista.